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In una fredda mattina di sciarpe e cappelli calati sulle teste, la brina accarezza le tremule erbette. Il cielo avvolge fra le sue grandi braccia un timido sole che si nasconde timido dietro le nuvole. Dall’alto si guarda intorno e ogni tanto fa capolino con un discreto sorriso.

Il cancello si apre sui viali silenziosi del grande Cimitero Monumentale di Bologna.

È là che Rachele va, a volte, cercando conforto. Da chi non c’è più! Cammina piano quasi in punta di piedi, per non disturbare chi dorme. Il ritmo del suo lento andare le tiene compagnia. Oggi è il due di novembre, uno di quei giorni considerati magici. Come se il velo che separa il mondo dei vivi da quello dei morti potesse aprirsi, per essere più vicini ai propri cari.

Lungo i viali alberati si respira un’aria di quiete e di pace. La bruma surreale di novembre non l’aiuta a distinguere le figure che, passandole accanto, si perdono veloci dietro le tombe.

Le si affianca un signore alto e magro, con un viso fiero ma spento. È solo, si muove lento e chiuso in sé stesso, portando stretto tra le mani un mazzolino di crisantemi. La fitta nebbia gli ha rubato tutti i possibili colori. Grigio cenere il cappotto, grigio cenere il volto e grigio cenere pure il cappello. Grigie anche le mani che si intrecciano nodose intorno a quei fiori gialli.

La sorpassa accelerando il passo. La sua figura si va sempre più stemperando, dietro quella pennellata grigia di grande suggestione. Prima di svoltare sotto il portico che porta alle tombe di famiglia, lo vede fermarsi sotto il tronco ancora solido di un vecchio cipresso che pare proteggerlo dall’alto.

Vorrebbe parlargli, ma si trattiene. La sua riservatezza merita pudore e rispetto. Lui incrocia il suo sguardo. Quei piccoli occhi bisbigliano al suo cuore parole di conforto e di rassegnazione.

Risponde sorridendo al rumore dei suoi passi che, ripartendo, tentano di raccontarle chi li cammina. Ma lei non riesce a decifrare il messaggio. Fino a oggi che l’idea della solitudine è chiara anche a lei: un’indefinibile macchia di silenzio, nutrita dalla nebbia e dai bigiori di novembre.

L’autunno che si respira, che si posa sugli occhi, tra i capelli, dentro il petto, riportano parole antiche.

Parole che hanno il sapore umido e fresco di un freddo mattino di sciarpe e cappelli, calati sulle teste. Uno splendido mattino accarezzato dalla brina.

Licia Deligia